// . //  Insights //  Rete In Fibra: Si Può Vincere La Difficile Partita Del PNRR?

Uno degli obiettivi cardine del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è quello di favorire la transizione digitale, anche attraverso un miglioramento del livello di connettività del sistema Paese (1 Gbps su tutto il territorio nazionale entro il 2026).

Si prevedono oltre 40 miliardi di investimenti nei prossimi 5 anni su rete fissa e mobile; il PNRR contribuirà con oltre 5 miliardi volti a coprire oltre il 70% degli investimenti dei piani (per esempio, Italia a 1G, 5G backhauling) per aumentare produttività, innovazione e occupazione, garantire un accesso più ampio all’istruzione e alla cultura, e colmare i divari territoriali.

La domanda che, però, il settore delle telecomunicazioni si dovrebbe porre è se, aldilà di qualsivoglia piano, il Paese e il mercato dei fornitori di lavori di rete è attrezzato per accogliere le sfide legate a tali ambiziosi piani di investimento? La risposta, senza ombra di dubbio, è no: il mercato di rete non è ad oggi in grado di accogliere la sfida e portarla a termine nei tempi previsti dal piano.

Sostenibilità finanziaria a rischio

Il mercato dei fornitori di lavori di rete in Italia è molto frammentato, caratterizzato dalla forte presenza – oltre il 90% – di PMI per lo più a conduzione familiare. Negli ultimi cinque anni ha registrato una crescita del fatturato di circa il 7%, grazie alla diffusione della tecnologia Ftth (Fiber to the home), 5G e Fwa (Fixed Wireless Access), ma, allo stesso tempo, ha vissuto una progressiva erosione dei margini – meno 0,4 punti percentuali rispetto al 2017 – che ha costretto alcune aziende in concordato preventivo e tutte le altre a chiedere, nel corso del 2021 e del 2022, una revisione dei termini di pagamento (tempi e valore) ai propri committenti. Una situazione molto difficile, ulteriormente complicata dall’aumento inflattivo di tutti i fattori produttivi (energia, ma anche bitume, ad esempio).

Crescita progressiva dei volumi, inflazione e relativo impatto sui prezzi di manodopera e materie prime, oltre che una progressiva contrazione delle condizioni di credito applicate dalle banche a causa dei tassi di interesse della BCE in crescita e dei criteri più restrittivi di controllo del rischio, sottoporranno le imprese a un’ulteriore riduzione di liquidità. Dal 2017 il rapporto Debito/EBITDA è cresciuto del 70%, e ora che il costo di accesso al capitale continua ad alzarsi diventa ancora più complicato estendere questi affidamenti.

Sulla base dei flussi di cassa attesi, stimiamo che più del 40% del settore abbia un rischio medio-alto di sostenibilità finanziaria fino al 2026, raggiungendo un rapporto tra EBITDA e debito netto non più accettabile dagli istituti finanziari. In altre parole: le imprese si troveranno nella situazione di non poter rinegoziare i propri debiti, con una successiva situazione di possibile insolvenza finanziaria che si può ripercuotere totalmente sull’esecuzione dei contratti di appalto in essere.

Manodopera cercasi

D’altro canto, almeno fino al 2026, l’industria delle imprese di rete vivrà nel segno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il quale destina 6,6 miliardi di euro ai progetti che costituiscono la nuova Strategia per la Banda Ultra Larga. Le gare di appalto sono già state assegnate ma l’ecosistema realizzativo non è pronto a farsi carico del volume di attività per via di una carenza di manodopera e macchinari, e per la crescente pressione del peso inflattivo in aumento.

Secondo una stima Oliver Wyman, per realizzare entro il 2026 gli obbiettivi fissati dal PNRR e dai piani di roll-out della fibra, sono necessarie circa 12-16 mila risorse aggiuntive rispetto al personale già presente nel settore.

Il mercato ha quindi due sfide rilevanti connesse alle persone: da un lato il reperimento delle risorse umane necessarie, nonostante la concorrenza dei mercati affini come l’energetico e l’edile residenziale, alimentato dal Superbonus al 110%; dall’altro le tempistiche di formazione di tale personale specializzato – per rendere l’idea, per formare un addetto ai mezzi specializzati si parla di 12 mesi, mentre per un autista di 10 mesi, per un caposquadra di 12 mesi e per un operaio generico di 6 mesi.

Se si considera che per completare le opere entro il 2026 bisognerà avere le squadre a regime entro il 2023, si intende subito come il rispetto dei tempi sia tutt’altro che scontato. Servirà inoltre offrire prospettive per il futuro oltre il PNRR, prospettive alquanto incerte a cause dell’instabilità della situazione macroeconomica del Paese.

Il peso degli approvvigionamenti

Altro tema è quello dei costi e tempi di approvvigionamento dei mezzi e delle attrezzature. Infatti, solo una piccola parte dei mezzi è noleggiabile mentre la maggioranza rientra in investimenti che le imprese devono sostenere diversi mesi prima dell’inizio dei lavori. Si stima che oltre il 10% del bando PNRR sarà destinato all’acquisto dei mezzi necessari a realizzarlo, di cui circa 500 milioni di euro sono destinati a lavori nel settore civile e 200 milioni per posa e giunzione. Alle spese si aggiungono i lunghi tempi di consegna, con alcune imprese che hanno già eseguito gli ordini ma che vedranno i primi mezzi solo nella seconda metà del 2023, ossia in tempi non compatibili con le prime milestone del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Basti pensare che per l’approvvigionamento di un escavatore sono necessari dagli 8 ai 10 mesi.

Alle difficoltà specifiche del settore si somma l’aumento dei costi dei materiali legato all’aumento dell’inflazione e ai rallentamenti nella supply chain, determinati principalmente dalla pandemia di COVID e dalla guerra in Ucraina. Per le opere di realizzazione delle infrastrutture di rete si stima un extra-costo di oltre il 16%, ad oggi totalmente a carico delle imprese in quanto i contratti in essere non prevedono adeguamenti automatici dei prezzi all’andamento dei costi dei fattori produttivi (c.d. indice inflattivo).

Per alcuni materiali, la crescita dei costi è legata alla crescita dei prezzi delle materie prime, in primis gas e petrolio, utilizzati per la produzione di tappetini, gasolio e binder, il cui prezzo è aumentato dall’inizio delle tensioni in Ucraina. In altri casi l’aumento dei prezzi è dovuto alla difficoltà di approvvigionamento dei materiali, un problema che riguarda diversi mercati in Europa, a sua volta dovuta al blocco imposto dalla pandemia nel 2020, che ha determinato l’interruzione – e talvolta la terminazione – della produzione di molte aziende. Risulta particolarmente rilevante il caso dell’approvvigionamento di elio – una delle materie prime per la produzione di fibra ottica – che ha avuto un forte rallentamento per via della chiusura di diverse fabbriche negli Stati Uniti e in Russia, creando forti ritardi nelle consegne di fibra ottica.

Quali soluzioni?

Per supportare il settore Telco italiano a portare a termine gli obiettivi entro il 2026 sarà necessario lo sforzo di tutte le parti in gioco: imprese di rete, imprese di telecomunicazioni e Governo.

Le imprese sono chiamate ad applicare strategie di hedging per ridurre l’impatto della variazione dei costi di materie prime e materiali, ad ottimizzare la supply chain in tema di differenziazione, distribuzione geografica e centralizzazione dei fornitori, e a utilizzare possibili strategie alternative di sourcing da settori affini.

Parimenti, il settore si attende che il Governo possa giocare un ruolo più attivo nella risoluzione delle sfide che il mercato di fornitori di lavori di rete ha davanti. Per esempio, si potrebbero stanziare finanziamenti per il reperimento e la formazione del personale (per esempio dal bacino dei percettori del reddito di cittadinanza) e per l’acquisto di mezzi e attrezzature necessarie ai lavori della banda larga, oltre che a fornire supporto finanziario alle imprese tramite l’accesso a forme di smobilizzo crediti a condizioni agevolate. Parte delle risorse necessarie potrebbe essere reperita nei circa 1,2 miliardi di risparmi di gara del PNRR ancora da collocare. Potrebbero infine essere funzionali accordi bilaterali con i principali paesi (extra) UE fornitori di manodopera, con finanziamenti mirati per accoglienza, formazione e messa al lavoro.

L'articolo è stato scritto in collaborazione con Emanuele Raffaele, Principal, Oliver Wyman, e Andrea Sottocornola, Associate, Oliver Wyman.